IL COW BOY CHE SFIDA IL GOVERNO AMERICANO A COLPI DI MUCCA.

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IL COW BOY CHE SFIDA IL GOVERNO AMERICANO A COLPI DI MUCCA.

“Non me ne vado, la mia famiglia è qui da sempre, siamo arrivati nel 1877 quando il Bureau of Land Management non esisteva nemmeno”.  Così Cliven Bundy, allevatore di 900 vacche Patriarca e proprietario di un ranch, l’ultimo restato nella contea Clark, in Nevada, 80 miglia a nord di Las Vegas, risponde a duecento uomini armati, appostati ad assediare da parecchi giorni la sua proprietà. Il problema è che le suddette vacche pascolano libere in terreni che sono di proprietà federale, dunque pubblica.  Ma Cliven non solo non sloggia le sue vacche ma si rifiuta anche di pagare per farle pascolare.  La storia sta facendo accorrere in zona, come sempre accade in America in situazioni come queste (ricordate Waco, in Texas con i suoi 76 morti?) attivisti di milizie paramilitari, anarchici e militanti delle organizzazioni libertarie più radicali per aiutare il nostro cow boy a sconfiggere la “tirannia del governo di Washington”.  La storia è meno semplice di quello che sembra. Anche se Bundy volesse pagare infatti tutta la zona di pascolo è nel frattempo diventata santuario per la tartaruga del deserto, razza in via di estinzione.  Così i federali, che vorrebbero evitare uno scontro cruento per una faccenda del genere, hanno sequestrato 400 delle 900 vacche, ostacolati dalla famiglia Bundy, e l’intenzione è di sequestrarle tutte.  Ora io capisco, figuriamoci, i diritti della tartaruga, però conosco anche, per averci vissuto, come vive il bestiame in gran parte degli Stati Uniti.  Noi vivevamo a Los Angeles e la mia figlia maggiore, una volta finito il liceo si iscrisse all’Università a Santa Cruz, un’incantevole cittadina un’ora a sud di San Francisco. L’Università è una cittadella in collina,tra fitti boschi di abete, che domina orgogliosa la baia sottostante.  Da brava ex sessantottina ero felice che potesse passare le sue giornate in un campus dove i cervi curiosavano alle finestre delle casette dormitorio, e che la sua insegnante di riferimento fosse nientemeno che Angela Davis.  Ma questa è un’altra storia.  A me comunque Santa Cruz piaceva moltissimo e appena potevo salivo in macchina e inforcavo la 5 l’autostrada che porta a San Francisco passando per Santa Cruz.  Lì c’era un punto in cui cominciavo a sentire nell’aria un fortissimo odore di chimica misto a letame e parecchi chilometri dopo, ai margini dell’autostrada, mi appariva anche la fonte di quell’odore tremendo, che credetemi, in natura non avevo mai sentito (nè prima nè dopo nè mai).  Era un ranch nel quale venivano allevate decine di migliaia di mucche, non ho mai visto in vita mia un numero così esorbitante di vacche.  Stavano immobile e silenziosissime, una attaccata all’altra, senza potersi nemmeno muovere.  Ma la cosa più terribile era che lì, in quel ranch, non cresceva un solo filo d’erba, c’era solo terra e cacca di mucca, e quel terribile fetore chimico.  Era uno spettacolo orribile, contro natura, un campo di concentramento che mi gelava il sangue nelle vene, al punto che smisi di passare per la 5 quando andavo a trovare mia figlia, preferendo prendere deviazioni assai più lunghe. 

Questo per dire che, malgrado capisca i diritti della tartaruga del deserto, mi sento però più vicina alle vacche Patriarca.  Nessun animale dovrebbe vivere ed essere allevato in quel modo, quindi signori del Governo Federale non potreste, gentilmente, destinare una parte dei terreni suddetti a pascolo? Il resto che vada alle tartarughe.  Per par condicio.

 

 

 

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