21. giu, 2014 PUBBLICITA’ E FASCISMO- DA “FORNELLI D’ITALIA” EDIZIONI MONDADORI

cirio

21. giu, 2014 PUBBLICITA’ E FASCISMO- DA “FORNELLI D’ITALIA” EDIZIONI MONDADORI

La pubblicità dI cibo, cucine, elettrodomestici, prodotti per la casa,  è sempre rivolta al mondo femminile, già durante il fascismo funzionava così.  Erano le donne quelle da condizionare.  E purtroppo, negli anni, ci hanno condizionato benissimo.

DA: “FORNELLI D’ITALIA” DI STEFANIA APHEL BARZINI- EDIZIONI MONDADORI

“È così che nasce la casalinga consumatrice, rurale forse, ma pur sempre facile preda delle lusinghe pubblicitarie. E l’industria si scatena offrendo a massaie, spose, mamme, prodotti miracolosi che, non vi è dubbio, renderanno gli onorevoli mariti (ed è questa per una mo- glie la ricompensa migliore), felici e soddisfatti.

La pubblicità diventa quindi una delle armi più potenti del regime. Affinché la massaia sia in grado di soddisfare il maritino e la numerosa prole è essenziale che conosca e acquisti tutto ciò che un’industria sempre più invadente sforna a getto continuo, e gli inserti pubblicitari invadono giornali e riviste.  La Lazzaroni, per esempio, invita all’acquisto dei suoi biscotti rivolgendosi direttamente ai bambini: «Ditelo alla mamma che è un prodotto sano».  L’Ovomaltina, l’ultima miracolosa scoperta che in breve allieterà le mense di mezza Italia, acquista addirittura un intero inserto di quarta pagina sul «Corriere della Sera» del 1924. L’immagine mostra due signore giovani, sorridenti, un po’ in carne e naturalmente fornite dell’indispensabile arma di qualsiasi massaia degna di rispetto, il grembiule di cucina, e sotto, a commento, la dicitura: «Di buon mattino l’avveduta massaia fa ampia scorta di forze per sé e per i suoi cari, allo scopo di assicurare a tutti una giornata di utile e fruttifero lavoro; sulla tavola fumano già le tazze di Ovomaltina per la prima colazione».

Al pranzo invece ci pensa la Cirio: «Preparate un pranzo appetitoso e sano in pochi minuti: se comprate un chilo di piselli impiegherete mezza giornata per sgusciarli e per- dereste almeno mezzo chilo di peso … I piselli Cirio sono sgusciati, cotti, pronti per l’uso, di peso netto … e deliziosi. Provateli domani a pranzo».  Nello sfondo due casalinghe affaccendate, una, l’aria serena e rilassata, che porta a tavola con un sorriso i legumi in scatola, l’altra, poveretta, stanca, affranta, relegata in un cantuccio come Cenerentola, è intenta a sgranare piselli freschi. Su quest’ultima troneggia una X che la cancella.  Il Bitter Campari non può poi assolutamente mancare nelle serate eleganti delle vere signore e ad accompagnare la bevanda c’è, in omaggio, un manuale di buone maniere.

I veri amici in cucina della donna fascista dunque non sono più gli ingredienti ma i prodotti. L’industria è la sola, vera amica di massaie sempre più inquiete. Per invogliarle ad acquistare di tutto e di più, compaiono anche i primi concorsi a premi. Nel 1926 è Arrigoni a dar fuoco alle sue munizioni: «Le trombe suonano a raccolta. È la mobi- litazione delle massaie. Tutte le massaie sono chiamate a partecipare al facile concorso Arrigoni contro il carovita. Il concorso è facilissimo, in compenso sono vistosi e nu- merosi i premi, 230 per un valore complessivo di 100 mila lire. Non si tratta che di rimanere mezz’ora in cucina. Non si tratta che di compilare una ricetta economica. Comprate il vasetto Arrigoni con la fascia azzurra. Esso contiene: il regolamento del concorso, l’elenco specificato dei premi e il buono di partecipazione.

Ma è la Cirio, produttrice della conserva di pomodoro «preparata con i migliori prodotti di Calabria» e del Toma- to Ketchup «la salsa per tutte le vivande, non più vivande insipide», a fare, nel 1927 il colpo grosso.

Il suo concorso regala in premio un soggiorno al mare, nuova meta alla moda delle vacanze dei più ricchi e di quelli che vorrebbero diventarlo. Partecipare è semplice, basta inviare alla Cirio un testo che tessa le lodi dei suoi prodotti. Il testo deve raccontare «la soddisfazione, il compiacimento per la bontà del prodotto, la squisitezza del profumo e la convenienza del prezzo». È un concorso riservato a bambini e bambine dai sette ai dodici anni e chi vince se ne andrà un mese, naturalmente accompagnato dalla mamma, in un albergo di lusso di qualche signorile stazione balneare. Ancora più ambizioso (e di maggior successo) quello per signore e signorine, sempre un mese di vacanza in un sontuoso albergo oppure un mese da sole (!) in località alla moda, Rimini, il Lido di Venezia, La Meldola, Capri; in alternativa 15 giorni ma con l’intera famiglia.   Per le cinque migliori in assoluto c’è infine il super premio, un esotico miraggio che fa sognare le donne di quegli anni: cinque biglietti per crociere di prima classe a Costan- tinopoli, in Grecia, in Tripolitania, in Egitto, in Spagna.

La «Domenica del Corriere» pubblica l’opera della fortunata signora vincitrice del premio speciale:

«Lui furibondo sbuffa / “Che minestra scipita”! / Lei singhiozza avvilita… / Quale scenetta buffa! / Entra la cameriera, / Riporta la zuppiera. Passan pochi minuti… / I due non son più muti. / La minestra è mangiata, / La pace è ritornata. / Lei sorride: “Che scema, / Soffrir tanto martirio… / Bastava un po’ di pomodoro Cirio!”».

Se non sono le mogli a far felici i mariti, niente paura, ci pensano le donne di servizio.

Anche il secondo premio è opera lirica di una casalinga- poetessa: «Nella chiesa profumata, / cinguettio di uccellini. / Il pastore benedice / gli sposi. Dice: / “La sposa cu- rar la casa, il desco”. / (Le spine dell’amore: / pranzo, / cena: / tremendi scogli!) / Un richiamo… Trillano gli uccellini. / ci… rio… ci… rio / Un nome! / Un lampo! / Felicità senza scogli! / Amore senza spine! / A Cirio, grazie sentitissime».

Poemi, filastrocche, liriche, che raccontano un mondo femminile perennemente teso a far felici mariti capricciosi e insoddisfatti, in cui il sorriso dipende da una minestra gustosa, da una salsa ben riuscita. Per fortuna che c’è Cirio. Per fortuna insomma che c’è l’industria che non solo pensa a premiare le allegre casalinghe rurali, ma fornisce loro anche gli strumenti per farlo.   Arrivano infatti Olimpia, Electra, Rapida, le macchine che fanno la pasta quasi da sole, arriva il raviolatore, uten- sile indispensabile alle signore che vogliano allietare il desco, un mattarello con grossi buchi a forma di agnolotti. Nel 1927 arrivano anche, nelle case più ricche, le prime cucine elettriche. Ma non bisogna farsi troppe illusioni, la regola per le più è che si continua a sfacchinare su fornelli a carbone, il burro si conserva in acqua, nelle bacinelle, la spesa si fa ogni giorno e per mantenere freschi i cibi basta metterli sul davanzale. Ma arriveranno tempi ancora più faticosi e drammatici che impegneranno le donne in prove difficilissime. E lo faranno senza esclusione di colpi”.

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