JAMBALAYA E VODOO: UNA CENA DA NON PERDERE: VENERDI’ 14 OTTOBRE

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JAMBALAYA E VODOO: UNA CENA DA NON PERDERE: VENERDI’ 14 OTTOBRE

 

 

 

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La prima volta che sono andata a New Orleans è stata molti anni fa.  Era il 1996.  Allora vivevo in America da due anni, a Los Angeles, dove mi ero trasferita con tutta la famiglia e l’America era per me una continua fonte di sorprese .  Ero stata contattata dalla Sacis, allora consociata Rai, per fare per loro conto, una ricerca molto approfondita sulla storia dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti.  La Sacis, insieme all’Enel, stava pensando di fare una sorta di enciclopedia via CD-ROM, sulla storia dell’emigrazione italiana nel mondo, iniziando appunto dal Nord America.  Io dovevo andare a zonzo per il Nuovo Continente alla ricerca di materiali da inserire nel CD-ROM, compito ambizioso perchè l’Enciclopedia avrebbe coperto lo scibile intero dell’Italianità, sport, politica, folklore, spettacolo, cucina, tradizioni.  Così a Luglio sono partita saltellando qua e là da San Francisco a Minneapolis, da Chicago a New York, da Filadelfia a New Orleans.

 

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A New Orleans sono arrivata a fine Luglio.  Ora chi conosca la città sa che l’estate è il periodo peggiore per frequentarla.  Nella mia stupidità non mi ero nemmeno informata e appena scesa dall’aereo ero stata investita da un’onda di fuoco che mi aveva tolto il respiro.  L’aria intorno a me era bagnata e mi si attaccava addosso in minuscole goccioline.  40 gradi e il 98% di umidità.  Invivibile.  Senza contare che appena entravo in qualsiasi locale ad assalirmi era invece una sferzata polare che mi gelava il sangue nelle vene.  La disumana aria condizionata degli Americani.  E’ stato allora che ho capito che l’America e il risparmio energetico sono due strade che non si incontreranno mai.  Ma c’era anche un risvolto positivo.  La città, di solito invasa da orde di turisti, era infatti vuota, gli alberghi semideserti, i ristoranti a mia disposizione.  E tutto a buon mercato.  Ero infatti incappata nella “bassa stagione”.  Una meraviglia. Calore permettendo.  Di giorno mi rinchiudevo in musei, fondazioni, Università.  Di sera uscivo per strada, attirata dalla musica che usciva da ogni anfratto della città.  Nella settimana trascorsa lì ho dragato sistematicamente tutti i ristoranti della città.  Insieme alla bellezza dei suoi quartieri, all’atmosfera un po’ malata delle sue strade e dei suoi giardini, dove a profumi stordenti si mescolava un sottofondo sempre presente di marciume, di flora in decomposizione, di morte insomma, avevo scoperto una città in perenne equilibrio tra presente e passato, tra povertà e magia, tra riti macabri e piaceri della carne.  Ma soprattutto avevo scoperto una cucina che mi aveva conquistato dal primo istante.

 

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Ostriche grasse e succulente, piatti piccanti e stordenti, la jambalaya, il gumbo, il pesce fritto, i dolci zuccherosi beignet.  Ero travolta, sorpresa  e intossicata da quei sapori.  Aspettavo con ansia il momento dei pasti, incurante del caldo assillante, mi lanciavo su quei piatti piccantissimi, me ne ubriacavo per poi buttarmi spossata e molle come un cencio bagnato nella mia camera d’albergo, dove giacevo per ore, lo sguardo fisso nel buio, ascoltando i rumori della notte, le grida scomposte degli ubriachi, urla di violente risse, la musica che mi raggiungeva sotto le lenzuola mentre cercavo un sonno che arrivava solo alle prime ore dell’alba.  Ricordo di aver vissuto quella settimana in uno stato di trance continua, avvolta dai vapori, dalle spezie, dal caldo che non dava tregua.  E’ stato come vivere da mane a sera tra le braccia di un amante particolarmente focoso, sapendo che per molto tempo non lo si sarebbe  più rivisto.  Al mattino uscivo dalla mia stanza con gli occhi cerchiati, fremente, i capelli spettinati, gli abiti stropicciati come dopo una notte di furiosa passione e mi precipitavo nel primo locale che trovavo per ingozzarmi di caffè e beignet, di uova e ciambelline.  E appena terminata la colazione cominciavo a pensare al pranzo.  Ero insomma posseduta.  Dalla città, dalla sua gente, dalla sua musica, e soprattutto dal suo cibo.

 

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Sono tornata a New Orleans molte altre volte, è una città che adoro, ed ogni volta è come la prima.  Ogni volta mi lancio tra le braccia di questo amante fantastico che non mi delude mai.  E’ questo amante che vorrei condividere con voi.  La cena del 14 Ottobre voglio che sia per voi una serata di passione, di gioia dei sensi, di appagamento.  Assaggerete i miei piatti del cuore, la ricca jambalaya, i gamberi speziati, il mais dolce e piccante, i beignet zuccherini.  E vi innamorerete.  Non potete mancare!

 

Menu- Euro 60,00 vini inclusi

Ostriche alla creola

Jambalaya

Gamberi piccanti alla creola

Maque choux

Beignets

Galette des Rois al cioccolato

Per acquistare la cena potete cliccare su “Prodotti” e acquistare direttamente online, oppure scrivere a stefia1952@libero.it

La serata sarà accompagnata da musica cajun, jazz e blues

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