L’INCREDIBILE VITA DI MARGOT WOELK, L’ASSAGGIATRICE DI HITLER

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L’INCREDIBILE VITA DI MARGOT WOELK, L’ASSAGGIATRICE DI HITLER

Ogni tanto capita di incappare in storie incredibili che non si può non raccontare, questa è una di quelle.  Il cibo dovrebbe sempre dare gioia,essere vita,  allegria, amore, passione.  E invece capita anche che al contrario ciò che mangiamo diventi morte e paura.  Come nel caso di Margot Woelk.  Margot è oggi una signora di 95 anni che vive a Berlino. La sua è una storia avventurosa dove il cibo gioca un ruolo importante ma infelice.  A 24 anni Margot è sposata, lavora come segretaria e vive a Berlino, quando scoppia la guerra e il marito viene richiamato al fronte, la casa natale della donna è bombardata e lei è costretta a fuggire e a rifugiarsi dalla suocera a Gross-Partsch, idilliaco paesello della Prussia dell’Est, oggi divenuto Parcz in Polonia.  A soli 3 chilometri dal paese Hitler ha stabilito il suo quartier generale.  La ragazza non fa in tempo a stabilirsi dalla suocera che il sindaco, un vecchio nazista, bussa alla sua porta e le ordina di seguirlo.  Non c’è possibilità di rifiutare.  E’ così che Margot si ritrova a far parte, insieme a 15 altre ragazze, di un corpo davvero speciale, quello delle assaggiatrici di Hitler, sotto il comando delle SS.  “Hitler era vegetariano- racconta la donna che solo oggi ha deciso di svelare il suo segreto-e quindi noi mangiavamo solo verdure, cereali, pasta e riso.  Ogni giorno il cuoco del Fuhrer ci serviva frutta esotica, piselli, asparagi, verdure freschissime accompagnate da salse squisite” . Eppure, malgrado la guerra che avanza e la scarsità di cibo, tutto quel ben di Dio per le giovani raggazze è un incubo che si ripete giorno dopo giorno.  Il gesto del mangiare è sempre accompagnato dal terrore della morte.  Hitler, che ha paura che si cerchi di avvelenarlo, aspetta infatti mezz’ora prima di cenare, per capire se le assaggiatrici restano in vita dopo il pasto. Per loro quei momenti sono momenti di pianti, disperazione ma anche di sollievo ogni volta che il tempo passa senza che nulla accada, giorno dopo giorno.  Dopo un tentativo di assassinare Hitler le donne vengono rinchiuse in una scuola delle vicinanze e guardate a vista notte e giorno.  Una notte una SS si arrampica con una scala nella stanza di Margot e la violenta.  Verso la fine della guerra, con l’esercito alle porte, un luogotenente tedesco avverte Margot che è meglio scappare e la mette su un treno che va a Berlino.  Solo più tardi scoprirà che tutte le sue compagne di assaggi sono state uccise dai Russi.  La povera ragazze è sola e terrorizzata, le SS la cercano ma lei viene di nuovo salvata da un medico di Berlini che la nasconde.  Poi è di nuovo la fuga e questa volta la donna cade prigioniera dei Russi che la violentano per quindici giorni consecutivi lasciandole cicatrici inguaribili, tanto che Margot non potrà mai avere figl: “Avrei tanto voluto una bambina” racconta ancora oggi con rimpianto.  A guerra finita Margot ritrova il marito che aveva ormai dato per morto e con lui torna a vivere a Berlino.  Oggi, vedova e inferma, non esce di casa da otto anni ma non ha certo perso la sua gioia di vivere: “Ogni giorno mi vesto, mi metto i miei gioielli e mi trucco, non sono una donna sconfitta, malgrado quello che mi è capitato ho sempre cercato di essere felice, non ho mai perso il mio sense of humour, sono solo diventata più sarcastica.  Ho deciso di non prendere le cose in maniera drammatica, è stato questo il mio modo di sopravvivere”.  Margot racconta la sua incredibile avventura mentre mangia con gusto una fetta di torta alla crema: “Deliziosa!!! Mi ci è voluto molto tempo per tornare a godere del cibo, ma ce l’ho fatta, non è stato facile ma credo di aver finalmente sconfitto le mie paure”.

Cibo dunque come metafora di morte e paura, ma anche di gioia e ritorno alla vita.  Le mille fantastiche storie del cibo.

 

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