SAN GIUSEPPE ALLE EOLIE

Dopodomani si festeggia San Giuseppe, santo, tra le altre cose, anche delle frittelle.  E arriva anche la primavera, voglia di caldo, di mare e di isole.  Delle mie Isole.  E quindi non posso non regalarvi due ricette di frittelle eoliane.  E buon appetito!

 

SFINCI D’OVA

Questi sfinci vengono preparati di solito per San Giuseppe, un santo molto popolare alle Eolie.  La leggenda vuole che nel 1835 alcuni abitanti delle Isole furono colti da una terribile tempesta mentre trasportavano un grosso carico di generi alimentari.  Si salvarono miracolosamente dal naufragio pregando il Santo.  Decisero percio’ di festeggiare San Giuseppe offrendo alla popolazione il carico che era stato risparmiato dai marosi.

 

Ingredienti per 6 persone:

 

150 gr. di farina

3 dl. d’acqua

2 cucchiai d’olio

3 uova

4 cucchiai di zucchero

Cannella in polvere q.b.

1 pizzico di sale

Abbondante olio per friggere

 

Metto a bollire l’acqua con l’olio, il sale e un cucchiaino e mezzo di zucchero.  Abbasso la fiamma e poco per volta aggiungo la farina mescolando con un cucchiaio di legno di modo che non si formino grumi.  Quando il composto diventa colloso lo tolgo dal fuoco e lo faccio intiepidire, poi aggiungo le uova una per volta e amalgamo bene.  A questo punto metto l’olio a scaldare in padella (io friggo con l’olio d’oliva), quando sara’ ben caldo ci faccio cadere il composto a cucchiaiate e quando gli sfinci sono pronti li sgocciolo ben bene, li metto per qualche secondo su carta da pane per eliminare l’unto in eccesso e poi li passo nello zucchero e nella cannella.  Vanno mangiati subito!

 

SFINCI ‘I CUCUZZA

 

Per fare questi dolci si utilizzano grosse zucche gialle rotondeggianti che nelle Isole sono chiamate “cucuzze ‘i mala razza” perche’ “mala” non l’ho mai capito visto che poi le stesse vengono usate in molti ottimi piatti tradizionali.  Consuetudine voleva che questi sfinci fossero preparati per festeggiare la “ ittata i l’astricu”, vale a dire quando si terminava il tetto di una casa in costruzione, tetto che veniva edificato con una tecnica molto particolare: si posizionavano grosse travi sulle quali venivano adagiate stuoie di canne, e poi  uno strato di rupiddi, ovvero lapilli di origine vulcanica, calce e sabbia ben battuta che diventava dura e compatta come cemento armato.  Quando il lavoro volgeva al termine le padrone di casa preparavano gli sfinci che mandavano in giro ad amici e parenti i quali a loro volta cucinavano biscotti e dolci fatti in casa che poi  offrivano agli operai che all’arrivo dei dolcetti gridavano: “ Ca veni”, una specie di formula magica che avrebbe reso il tetto solido e resistente.

 

Ingredienti per 6 persone:

 

1 kg. di zucca gialla

30 gr. di lievito di birra

1 cucchiaino di bicarbonato

150 gr. di zucchero

3 tuorli d’uovo

1 rametto di rosmarino

1 tazza di uva passa

1 cucchiaino di cannella in polvere

Abbondante olio extravergine d’oliva, per friggere

Farina q.b.

 

Sbuccio la zucca e la taglio in grossi pezzi che poi metto a cuocere a vapore, c’e’ chi la fabollire nell’acqua, io preferisco la cottura a vapore perche’ cosi’ la zucca assorbe meno acqua.  Intanto in una terrina mescolo le uova, meta’ dello zucchero, il rosmarino tritato e l’uva passa. Quando la zucca e’ morbida la faccio intiepidire, la passo al setaccio e poi l’aggiungo, mescolando bene, al composto d’uova.  Adesso comincio a incorporare la farina.  Le quantita’ di farina variano da zucca a zucca.  Si dice che ne va tanta “quanto la cucuzza chiede”, fino a quando non vedo che il composto si stacca dalla terrina.  Allora lo copro con un panno di lana e lo metto a lievitare in un luogo dove non ci siano sbalzi di temperatura.  Quando comincera’ a gonfiarsi (ci vorranno circa tre quarti d’ora), prelevo la pasta a cucchiaiate e faccio friggere in abbondante olio bollente.  Se affollo troppo la padella la temperatura dell’olio ne risente e gli sfinci non cuociono bene.  Quando sono ben dorati li scolo e li passo su carta da pane ad asciugare.  Infine li spolverizzo con la cannella e lo zucchero rimasto.  Anche loro vanno mangiati caldissimi, ci si deve quasi scottare la lingua.

 

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Date : 18 Mar 2014

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